Adottare buone abitudini e precauzioni alimentari può ridurre il rischio di imbattersi in parassiti che generalmente colpiscono i pesci e che sono causa nell’uomo di infezioni anche croniche.
Il principale parassita dei pesci di acqua salata è rappresentato da Anisakis responsabile di parassitosi dei pesci di acqua marina. Le specie ittiche maggiormente coinvolte sono l’acciuga, il pesce sciabola, la rana pescatrice e il merluzzo, mentre tra le specie allevate, il branzino e le ricciole. Il rischio è più alto tra gli individui selvatici, mentre nell’allevamento, venendo a mancare l’ospite intermedio nella catena alimentare, il rischio è molto limitato.
Il Difillobotrium è una parassitosi che colpisce i pesci di acqua dolce. La trasmissione all’uomo avviene generalmente attraverso il consumo di pesce crudo o poco cotto contenente le larve del parassita. Il pesce persico, la trota e il lavarello sono le specie più interessate.
L’ingestione del pesce parassitato è causa nell’uomo di patologie gastriche o intestinali che possono portare anche a conseguenze più gravi e croniche. Il rischio può essere facilmente superato mediante la cottura, oppure per i consumatori di pesce crudo, mediante l’accertamento di un adeguato trattamento di congelamento a -20°C per 24 ore.
Per questo motivo, l’intervento del veterinario sia nel contesto di pesci di allevamento sia al mercato ittico risulta fondamentale per garantire la sicurezza del consumatore.
Il principale parassita dei pesci di acqua salata è rappresentato da Anisakis responsabile di parassitosi dei pesci di acqua marina. Le specie ittiche maggiormente coinvolte sono l’acciuga, il pesce sciabola, la rana pescatrice e il merluzzo, mentre tra le specie allevate, il branzino e le ricciole. Il rischio è più alto tra gli individui selvatici, mentre nell’allevamento, venendo a mancare l’ospite intermedio nella catena alimentare, il rischio è molto limitato.
Il Difillobotrium è una parassitosi che colpisce i pesci di acqua dolce. La trasmissione all’uomo avviene generalmente attraverso il consumo di pesce crudo o poco cotto contenente le larve del parassita. Il pesce persico, la trota e il lavarello sono le specie più interessate.
L’ingestione del pesce parassitato è causa nell’uomo di patologie gastriche o intestinali che possono portare anche a conseguenze più gravi e croniche. Il rischio può essere facilmente superato mediante la cottura, oppure per i consumatori di pesce crudo, mediante l’accertamento di un adeguato trattamento di congelamento a -20°C per 24 ore.
Per questo motivo, l’intervento del veterinario sia nel contesto di pesci di allevamento sia al mercato ittico risulta fondamentale per garantire la sicurezza del consumatore.
Fonte: Biasato Ilaria, Laura Gasco, Università degli Studi di Torino