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Metodi analitici per il controllo delle farine di origine avicola (parte 2)

 a cura di Alessandra Crisà (CREA)

Leggi la prima parte

Una recente normativa europea (Reg. UE n. 56/2013) ha reintrodotto l’uso di proteine animali trasformate (PAT) da non ruminante nell’alimentazione dei pesci d’acquacoltura. Un’attenzione specifica è richiesta nel controllo della qualità dei mangimi e delle materie prime per questo settore. Il progetto SUSHIN ha incluso, fra le sue diverse attività, una serie di studi per approfondire questo aspetto.

L’approccio genetico per la rilevazione di DNA di ruminante in farine di pollo

Questo studio ha previsto nella sua prima fase le prove di estrazione di DNA da 3 tipologie di ingredienti in uso comunemente dalle aziende di mangimi per l’acquacoltura (forniti dalla Nutreco N.V., azienda mangimistica che produce specialità zootecniche, premiscele e servizi nutrizionali all’industria dell’alimentazione animale). I campioni analizzati sono stati: a) farina di pollo esente da contaminazione da ruminanti b) siero di latte liofilizzato c) farina di ruminante.

Sulla base dei risultati di questa prima fase, incentrata sull’estrazione del DNA da campioni di farine animali e derivati del latte si procederà all’uso di un approccio genetico mediante PCR per verificare l’efficacia e la sensibilità nel quantificare tracce di DNA di ruminante in campioni di farina avicola. Quale fonte di contaminazione di DNA di ruminanti verrà utilizzata la farina di “ciccioli di bovino” e siero di latte liofilizzato.

Nelle prove di estrazione di DNA dalle tre tipologie di campioni a, b, c, sono state utilizzate quantità crescenti di materiale di partenza (da 25 a 200 mg). Per verificare la presenza quanti/qualitativa di acidi nucleici nei campioni in esame sono stati applicati quattro protocolli di estrazione con kit della ditta Promega®.

Il primo kit prevede un’estrazione classica con tamponi di lisi, di precipitazione e di lavaggio, previ passaggi in centrifuga da banco.

Il secondo kit prevede, oltre ai suddetti passaggi, l’uso di colonnine specifiche per il legame e la successiva eluizione di DNA.

Il terzo e quarto kit prevedono l’impiego di cartucce specifiche per l’estrattore automatico Maxwell 16TM (Promega) e diversi metodi di pre-trattmento del campione. Il quarto kit è stato provato solo sul siero di latte liofilizzato.

In tutte le prove è stato inserito un trattamento enzimatico per l’eliminazione dell’RNA dai campioni.

I campioni sono stati sottoposti a controlli quali/quantitativi mediante lettura spettrofotometrica e elettroforesi in gel di agarosio 1%.

 

RISULTATI

  1. Per quanto riguarda le quantità di materiale di partenza, è stato ottenuto DNA di buona qualità e quantità sufficiente a partire da 25 mg di farina di pollo o ruminante.
  2. Nel caso del siero di latte, con i protocolli utilizzati, non sono state ottenute quantità di DNA confrontabili con quelle delle farine, ma molto inferiori, per quantità e qualità, al limite di rilevamento, sia in gel di agarosio che in spettrofotometria.
  3. Tra i kit testati è stato selezionato quello che ha ottenuto le rese migliori sia per quantità che per qualità del DNA estratto. 
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Il DNA estratto presenta un peso molecolare molto basso, indice di un alto grado di degradazione, come ci si aspettava da campioni biologici sottoposti a trattamenti termici o fisici molto invasivi. Si noti l’aumento di intensità delle bande all’aumentare della quantità del materiale di partenza utilizzato. Nei campioni derivati da siero di latte non è presente DNA “visibile”.