I principali candidati sono quattro fonti proteiche alternative: una farina derivante da sottoprodotti della macellazione degli avicoli (polli e tacchini) e tre farine ricavate da larve di mosca, da gamberi selvatici d’acqua dolce (appartenenti a una specie alloctona e invasiva in Italia) e da micro-alghe.
L'Università di Venezia ha valutato le possibili conseguenze ambientali derivanti dall’uso di tali ingredienti, andando a confrontare i processi di lavorazione necessari per ottenere le quattro diverse farine ed è arrivata alla conclusione che la produzione di farina di gambero sia la meno sostenibile.
Per arrivare a questa valutazione i ricercatori hanno applicato l'Analisi del Ciclo di Vita (Life Cycle Assessment - LCA). La prima fase di raccolta dati, possibile grazie alla preziosa collaborazione di varie aziende produttrici di tali farine, ha permesso di mettere a confronto gli INPUT (le risorse consumate per ogni formulazione, ossia i flussi di materia ed energia in entrata nel loro sistema produttivo) e le EMISSIONI (gli eventuali scarichi emessi in natura, ossia i flussi in uscita) dei quattro cicli di produzione.
Schema semplificato della produzione di farina a partire da larve di mosca. La voce di input “MATERIALI” include la produzione e trasporto in azienda di tutti i materiali necessari all’ordinario svolgimento delle attività di allevamento e lavorazione (es. mangime; cassette per l’allevamento)
Dopo l’acquisizione dei dati si è passati alla creazione di un modello digitale contenente tutti i sopracitati flussi. In questo modo è stato possibile creare una simulazione virtuale del processo di lavorazione alla base della produzione di ciascuna farina. Le simulazioni relative alle farine di avicoli, di gambero e di larve di insetto sono state ultimate, mentre quella sulle micro-alghe è nella sua fase conclusiva.
A partire dalle tre simulazioni, sono infine state quantificate alcune significative categorie di impatto sull'ambiente, nello specifico: (i) il consumo di risorse naturali (Abiotic depletion); (ii) il contributo al riscaldamento globale (Global Warming); (iii) il contributo al tasso di eutrofizzazione delle acque (Eutrophication). I risultati preliminari di queste analisi sono stati sintetizzati nella figura seguente.
Risultati preliminari dell’Analisi del Ciclo di Vita su tre delle quattro farine proteiche. Per confrontare tra loro le diverse opzioni, i valori sono riportati su una scala da 0 a 1, dove 0 corrisponde a un impatto ambientale nullo e 1 al valore massimo fra quelli ottenuti dalle tre farine.
I risultati hanno mostrato come la produzione di farina di gambero sia la meno sostenibile per quanto riguarda tutte le categorie di impatto considerate (e pertanto è sempre stato attribuito ad essa il valore “1”). L'entità di tali impatti è principalmente dovuta al fatto che la produzione di farina di gambero è l'unico processo ancora allo stadio sperimentale e ha comportato quindi lungo tutta la filiera (e soprattutto nella fase di pesca) una serie di sprechi e di consumi che potrebbero essere ridotti ottimizzando il sistema.
La sostenibilità ambientale delle altre due alternative è sorprendentemente simile, soprattutto se si tiene conto del fatto che le larve di mosca possono essere allevate, per loro natura, in spazi molto ridotti e richiedono un processo di produzione e lavorazione molto più breve e semplice di quello previsto per gli scarti di macellazione avicola. Questi ultimi, benché si “portino sulle spalle” una parte del peso ambientale legato all’intera filiera del pollame (dall’uovo all’animale pronto per la lavorazione), hanno infatti mostrato delle performance ambientali molto incoraggianti. Un'analisi ancora più dettagliata di queste ultime due farine ha poi mostrato come tali impatti siano principalmente ascrivibili alla tipologia e quantità di mangime utilizzato durante la fase di allevamento degli animali e, in seconda istanza, alla tipologia di energia elettrica consumata (ossia quella della rete elettrica nazionale, tuttora costituita principalmente da energia proveniente da fonti non rinnovabili).
di Silvia Maiolo, Università di Venezia Cà Foscari, Dip. di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica