Nato negli anni ’70 come strumento per la semplice gestione dei rifiuti, lo studio LCA si è consolidata come metodologia di misure eco-efficienti, condivisia a livello internazionale secondo norme ISO (14040 e 14044)
Il prodotto sottoposto ad un’analisi LCA viene valutato “from cradle to grave” ovvero dall’inizio alla fine del suo utilizzo, al fine di supportare il miglioramento dei processi e dei principali impatti sull’ecosistema.
L’acquacoltura è un settore in grande espansione ed è spesso oggetto di interventi tecnologici che mirano ad implementare le produzioni.
In tale contesto un’analisi LCA potrebbe fornire un notevole valore aggiunto in quanto affiancherebbe al valore delle rese produttive e qualitative del pesce anche una analisi del costo ambientale del processo.
La Banca Mondiale, nel periodo in cui l’acquacoltura stava iniziando ad affermarsi come alternativa alla pesca, affermò che “l’acquacoltura è uno tra i sistemi di produzione zootecnica più sostenibili in termini di uso di risorse naturali, emissione di nutrienti, uso di superfici e consumo d’acqua dolce” (World Bank, 2013). Possiamo sicuramente dire che questa pratica ha ridotto lo sfruttamento dei mari e degli stock ittici provocato dalla pesca intensiva. Ancora oggi più del 90% delle aree di pesca italiane sono sottoposte a uno stress eccessivo, secondo la stima basata sull’analisi e integrazione di risultati approvati a livello internazionale da parte dello STECF (Scientific, Technical and Economic Committee for Fisheries) e del GFCM (General Fisheries Commission for the Mediterranean). Se si vuole considerare inoltre il livello ecologico, contrariamente alla pesca, l’acquacoltura non compromette la catena trofica di un determinato ambiente poiché non impatta su un sistema in equilibrio presente in un bacino idrico, ma su un sistema artificiale in vasca.
Gli indicatori di impatto ambientale considerati per un’analisi LCA di un impianto di acquacoltura sono numerosi, tra cui i consumi di acqua (proveniente dalla falda o da altre fonti, ricircolata nell’impianto, in relazione con bacini esterni), il consumo di energia soprattutto elettrica ed i fattori legati all’alimentazione e al benessere del pesce. In questi ultimi rientrano eventuali farmaci utilizzati per prevenire o curare infezioni (vaccini, antibiotici) ed i mangimi. Analizzando questi indicatori in ambiente operativo risulta abbastanza chiaro che l’elemento mangime rappresenta la maggiore fonte di impatto ambientale.
Come è noto, nella maggior parte dei casi, per l’allevamento di trote il mangime consiste di una miscela di farine e olio di pesce, che rappresentano la fonte principale di proteine. A questi elementi possono poi essere aggiunti micronutrienti e altre fonti nutrizionali, come farine di origine vegetale. L’impatto del mangime sull’ambiente è sia diretto, in quanto è fonte di inquinanti organici come fosfati e prodotti contenenti azoto, sia indiretto, legato alla produzione di farine e olio di pesce. In molti casi tali prodotti si ottengono dal pesce pescato, sfruttando sempre di più le risorse marine e sottraendo prodotti ittici al consumo umano, in altri casi da pesce allevato, ma questo non è esente da costo in quanto si alleva pesce per nutrire pesce.
Vi sono anche gli elementi legati al trasporto del mangime dal punto di produzione all’area di utilizzo ed elementi minori legati a distribuzione in vasca, conservazione, ecc.
Il progetto 4F, sostenuto da AGER, si propone di far fronte a questo problema sostituendo le farine di pesce utilizzate per produrre i mangimi con farine di origine vegetale e provenienti da insetti, crostacei e sottoprodotti della macellazione degli avicoli, con la finalità di ottenere la giusta miscela che permetta di avere una dieta che sia in grado di sostenere la crescita del pesce in modo ottimale e che al tempo stesso sia accessibile economicamente e sostenibile dal punto di vista ambientale. Uno degli obiettivi del progetto circa la sostenibilità è proprio la valutazione completa della performance ambientale (LCA) dei nuovi ingredienti per valutare in modo efficace non solo le performance di questi nuovi prodotti sul pesce, ma anche il valore per l’ambiente e la sostenibilità in generale.
Fonte: Flavio Orizio, Antonia Bruno , Giacomo Magatti, Chiara Magoni e Massimo Labra, Università degli Studi Milano Bicocca